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photo source: www.archdaily.com
Is the Ideal city the echo of an Ideal Architecture?

Renato Rizzi                                                                                         

 

1- Dimenticanza del mito.

Credo non si possa dire molto sul tema dell'ideale se prima non ci rivolgiamo, almeno con un colpo d'occhio, all'origine del sapere. Ovvero, ai miti. Nel nostro caso a quello di Prometeo. La vicenda, in generale, è piuttosto nota, anche se ricordiamo solo una piccola parte. Quella relativa al furto del fuoco: la techne. Spesso dimentichiamo però lo sviluppo dell'intero racconto, dalla premessa all'epilogo, che troviamo nel Protagora di Platone.

 

2- Premessa.

Prometeo (colui che pensa prima), fratello di Epimeteo (colui che pensa dopo), deve intervenire subito per riparare ad una grave colpa commessa dal fratello. A quest'ultimo era stato affidato dagli dèi il compito di assegnare a ciascun vivente sulla terra le proprie qualità. Purtroppo Epimeteo dimenticò l'uomo. Un fatto gravissimo. Fu questa la causa che mosse Prometeo. Con uno stratagemma rubò il "fuoco" (la techne) a Efesto, il dio fabbro, e lo donò ai mortali. Nonostante il sacrilegio compiuto dal titano, l'umanità soccombeva alle fiere. Gli uomini per difendersi, nonostante la techne, riuscivano a malapena a costruire sinoikia: agglomerati. Un termine desueto, ma se tradotto nel nostro linguaggio familiare, conosciutissimo: periferie (peri-pherein, portare in giro senza scopo scopo, senza senso).

 

3- Epilogo.

Sotto gli occhi di Zeus divampava uno spettacolo tremendo. Furioso, il re degli dei, era combattuto tra due sentimenti opposti: l'ira per il furto subito, la compassione per il dramma ineluttabile. Decise comunque di intervenire nuovamente distribuendo a tutti gli uomini e in parti uguali altri due doni: Aidos e Dike. Pudore e Giustizia. Solo in questo modo l'umanità riuscì a salvarsi (per il sacrificio di Prometeo). Fu in quel momento però che iniziò il primo passo verso la "civiltà". Verso la costruzione della Polis: la "città", il luogo della "convivenza".

 

4- Capovolgimento del mito.

I miti non sono favole per bambini. Le loro immagini sono potenze indominabili. Possiedono una proprietà innata e inscalfibile. Il loro coefficiente di verità non muta con il mutare dei tempi. Il passato non è mai un passato e il futuro è sempre un trapassato. Perciò, noi contemporanei, dovremmo sempre mettere a confronto la presenza del nostro tempo con l'assenza della totalità dei tempi. Poiché nel cuore dei miti pulsano le strutture epistemiche, e nel Prometeo pulsano quelle della Forma: della Polis, della "città". Techne + Aidos +Dike. Ma se provassimo ora a sovrapporre il paradigma del sapere contemporaneo con il paradigma del mito, rimarremmo sbalorditi. Seppur distanziati da millenni, vedremmo in trasparenza un unico immenso tragico scenario. Identico nei risultati, diverso nelle proporzioni. Le sinoikia del Prometeo sono le nostre periferie che ancora oggi noi continuiamo a costruire. Possiamo affermare allora che il mito è morto o incredibilmente è ancora tutto da compiersi? Chi è più avanti? Il pensiero tecnico o il pensiero mitico?

 

5- Il fulcro del mito.

Ricordiamolo! I miti non si rivolgono mai al passato, bensì al futuro. Sopravanzano le nostre cronologie. Infatti il perno del mito nel Prometeo, ruota attorno alla parola Aidos: il pudore. Un termine che non appartiene alla morale, bensì all'estetico. Significa: il duplice sguardo. Guardare e allo stesso tempo essere guardati. Giudicare e essere sempre giudicati. Da chi? Dal mondo. Il mito chiede lo spostamento dell'asse del soggetto: dall'Io dell'Individualità (l'arbitrarietà tecnico-scientifica) al Sé della Singolarità (l'autonegazione dell'Io). Da nominativi a dativi. Un colpo radicale alla nostra presunzione. Il mito ci ricorda qualcosa che abbiamo dimenticato troppo presto. La differenza tra: sapere (techne); cultura (Aidos e Dike); civiltà (la Polis, la forma). 

 

Tutto questo, da sempre presente e fin troppo dimenticato, è incarnato nella parola della nostra disciplina. Architettura: Archè (Aidos+Dike) e Techne. Il vincolo indissolubile tra indominabili e dominabili. Nel mito e nell'Arche troviamo sempre una sostanza vergine che cresce come una pianta sempre nuova in ogni presente.

                               

 

Renato Rizzi, full professor at IUAV, Venice. Currently, he's engage to complete the work on John Hejudk's poems, "Bronx: poesie 1953-2000", in two volumes. Vol. 1, Antichissimo testamento; Vol. 2, Nuovissimo testamento. 

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